Le politiche monetarie della Bce stanno alzando il costo del denaro per frenare l’inflazione. Questo si ripercuote sul mercato immobiliare e in particolare sugli aumenti per i mutui. Dal fisso al variabile, cosa sappiamo e cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi, cosa conviene e quali sono gli scenari.

L’aumento del costo del denaro legato all’impennata dell’inflazione è destinato a ripercuotersi sul mercato immobiliare nel 2023. L’impatto più immediato sarà un maggiore costo dei mutui, fattore già riscontrabile da diversi mesi e destinato a crescere ancora nella prima parte del nuovo anno.

LE PREVISIONI – La Bce in primavera potrebbe ancora alzare il tasso al 3%. Come spiega il Corriere della Sera, a quel punto l’Euribor, “parametro di indicizzazione dei variabili, arriverà al medesimo livello e il tasso dei finanziamenti si attesterà al 4%”. I mutui fissi sono legati all’andamento dell’Eurirs, che sta facendo su e giù negli ultimi mesi.

COSA CONVIENE? – In questa fase il tasso fisso, intorno al 4%, è consigliabile perché consente di evitare ulteriori possibili rialzi attesi nei prossimi mesi. Se invece in futuro i tassi tornassero a scendere si può sempre utilizzare la carta della surroga.

COSA STA SUCCEDENDO? – L’aumento dei tassi dei mutui si deve al maggiore costo del denaro, stabilito dalla Banca Centrale Europea. La Bce con l’inflazione schizzata alle stelle, sta adottando politiche restrittive con l’obiettivo di ridurre la liquidità in circolazione. Questo però ha come conseguenza anche l’aumento dei tassi dei mutui: secondo le stime difficilmente raggiungeranno un equilibrio per un lungo periodo di tempo.

LE STIME – Per il prossimo biennio, si prevede una crescita continua dell’Euribor e dell’IRS, parametri dei finanziamenti variabili e a tasso fisso. Quest’ultimo ha triplicato il valore rispetto ai primi mesi del 2022. Dato il costo del denaro in crescita vertiginosa rispetto alle aspettative, non si prevedono scenari favorevoli per il 2023.

IL REPORT ABI – Secondo l’ABI, l’aumento del costo del denaro dovrebbe arrivare al 3,5% a fine 2023 per poi stabilizzarsi nel 2024 intorno al 3%. L’inflazione, invece, salirà in media del del 5,5% nel 2023 e del 2,3% nel 2024. Le politiche della Bce per ora hanno fatto salire le rate dei mutui a tasso variabile mentre i fissi già stipulati sono rimasti invariati. Sono però aumentati i tassi per i nuovi fissi stipulati dopo i primi rialzi Bce a partire dalla scorsa estate.

GLI SCENARI – L’ultimo rialzo del costo del denaro stabilito dalla Bce comporta un incremento dei tassi sui depositi pari a +2,5% a partire dallo scorso 21 dicembre. È possibile che a breve i mutui a tasso fisso siano addirittura meno costosi dei variabili. L’effetto dei rialzi porta anche a un aumento delle surroghe, mentre calano gli importi medi richiesti.

L’ESEMPIO SUI GIOVANI – L’Osservatorio Mutuionline.it fa l’esempio di un mutuo prima casa per un giovane under 36: oggi pagherebbe un TAN di 1,15% e una rata mensile di 747 euro, pari ad un aumento mensile del 5% e a 7.700 euro in più in 20 anni. L’aumento di fine anno dei tassi, se avrà come pare certo ripercussioni sui mutui variabili, porterà a un ulteriore aumento del 0,5%, azzerando la differenza con i tassi sui mutui fissi.

L’IMPATTO SUL MERCATO – Mentre il 2022 è stato un anno di boom per le compravendite immobiliari (anche come coda del post-Covid), il nuovo anno per gli esperti sarà segnato da un calo delle transazioni, a causa dell’impennata dei mutui. Nomisma stima una diminuzione delle vendite su base annua sul mercato nazionale del 13%. Altre analisi parlano di un -10%. C’è anche chi però non vede il segno meno e prevede un mercato di fatto invariato. I prezzi invece dovrebbero restare fermi, ma in calo in termini reali se si considera l’inflazione.